Epatite C e over 50: identikit del paziente a rischio
Intervista alla prof.ssa Alessandra Mangia
Si ritiene che in Italia ci siano ancora 250-300 mila persone che non sanno di avere l’epatite C1. Molti dei casi diagnosticati ogni anno e registrati nel sistema SEIEVA (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) ricadono nella fascia della popolazione over 502, che gli esperti ritengono essere quella più a rischio per effetto di fattori specifici riscontrabili nei decenni precedenti al 1990. Alessandra Mangia, responsabile dell’Unità di Epatologia presso l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Casa sollievo della sofferenza” di San Giovanni Rotondo (FG), traccia l’identikit del paziente a rischio.
Qual è la relazione tra epatite C e età?
“Grazie a studi epidemiologici condotti negli anni Novanta, in particolare al Sud Italia, è noto che esiste un gradiente di prevalenza dell’epatite C in relazione all’età della popolazione: i valori aumentano man mano che si va dalle fasce più giovani a quelle più anziane. Le persone che oggi hanno meno di 50 anni hanno un rischio basso, non significativo, di infezione da HCV (il virus che causa l’epatite C), mentre i nati prima del 1970 rappresentano una fascia di popolazione a cui prestare particolare attenzione.
Considerando che le persone tra i 50 e i 60 anni rappresentano il 15% della popolazione italiana e quelli tra i 60 e gli 80 anni il 20%, il numero previsto di individui infetti ma inconsapevoli è consistente.”
L’epatite C è spesso asintomatica per lunghi anni. Ci sono indizi che possono far sorgere un sospetto di malattia? “Dal momento che in Italia non è previsto ad oggi uno screening di massa, nei casi in cui non ci siano sintomi chiaramente riconducibili all’infezione da HCV, spesso la diagnosi avviene in concomitanza con controlli medici dovuti ad altri problemi, che possono essere più o meno facilmente associati all’epatite C. Infatti, è ormai risaputo tra gli specialisti, ma in misura minore nella popolazione generale, che l’epatite C può avere anche manifestazioni extraepatiche, ossia colpire non solo il fegato ma anche altri organi. L’incidenza della sindrome metabolica, di obesità e di diabete, sta aumentando in Italia, e non è così raro che
le persone con queste problematiche scoprano poi, di essere positive all’HCV in occasione di visite ed esami, magari per accertamento per valori elevati di transaminasi che potrebbero non dipendere solo dal dismetabolismo.
Quali sono le patologie concomitanti che possono essere correlate all’infezione da HCV?
“L’infezione attiva da parte di HCV può fungere in alcuni casi da fattore scatenante di certe manifestazioni extraepatiche, in altri da fattore esacerbante di certe predisposizioni.
Vasculiti, glomerulonefriti e problematiche immunologiche sono manifestazioni extraepatiche fortemente associate all’infezione da HCV. I pazienti che le manifestano dovrebbero venire subito individuati e indirizzati alla ricerca del virus dell’epatite C.
Ma tra le problematiche extraepatiche associate all’infezione da HCV ci sono anche sindromi più diffuse come diabete e resistenza all’insulina e la steatosi. In questi casi è meno immediata l’associazione con l’infezione da HCV, perché intercorrono anche altri fattori; tuttavia si ritiene che l’infiammazione cronica indotta dal virus possa accelerare la comparsa di manifestazioni metaboliche o esacerbarle. Proprio per la grande diffusione delle sindromi metaboliche nella popolazione, però, i pazienti che soffrono di queste problematiche sono anche quelli che rischiano maggiormente di rimanere inconsapevoli di aver contratto l’epatite C.”
Quali persone, dunque, dovrebbero sottoporsi allo screening per l‘HCV?
“A mio avviso ogni persona con più di 50 anni dovrebbe sottoporsi al test, anche in assenza di sintomatologie, richiedendo al proprio medico di famiglia di inserire l’esame tra gli altri previsti dai consueti check-up legati all’età. Lo screening andrebbe eseguito a maggior ragione se il paziente si rivolge al medico di medicina generale o allo specialista ospedaliero per problematiche di varia natura, dal diabete ad un intervento di by-pass. In questo senso faccio appello anche ai colleghi diabetologi, cardiologi, endocrinologi e agli epatologi stessi perché includano la ricerca degli anticorpi anti-HCV ed eventualmente quella dell’HCV-RNA nei loro controlli.
Un’altra categoria di persone a rischio di epatite C e che dovrebbe essere esaminata è quella dei 50-60enni che hanno fatto uso di sostanze. Chi ne ha fatto uso per poco tempo o saltuariamente, magari per motivazioni più social che per altro, può non aver realizzato che si tratta di un comportamento a rischio e non aver mai effettuato accertamenti per verificare la presenza del virus HCV.
Anche chi frequenta i SERD dovrebbe essere rivalutato dai medici della struttura nel corso del tempo. Spesso sono persone che hanno una vita sregolata, con altre dipendenze o affette da malattie psichiatriche come la depressione, che possono essere già state diagnosticate in passato ma essersene dimenticate oppure essere già state trattate con terapie che non hanno risolto l’infezione, o ancora possono essersi infettate di nuovo dopo i trattamenti. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata a pazienti, che hanno fatto uso di sostanze, affetti da sindromi metaboliche o da disturbi neuropsichiatrici, che possono essere favoriti dal virus latente.”
Una volta ricevuta la diagnosi di epatite C, cosa succede?
“Le terapie attuali sono molto efficaci, con effetti collaterali molto più gestibili rispetto al passato, e l’organismo viene liberato dall’infezione nella quasi totalità dei casi. Questo ha un effetto sull’intero quadro clinico del paziente.
Per i 50-70enni l’eradicazione può comportare un miglioramento dell’equilibrio glicemico e lipidico, con maggior controllo del metabolismo e possibile modifica delle terapie. Tuttavia, i pazienti devono essere motivati a mantenere uno stile di vita sano, perché l’epatite C non è l’unica causa della sindrome metabolica.
Per chi ha disturbi neuropsichiatrici l’eradicazione può portare alla riduzione dell’utilizzo di sostanze antipsicotiche e stabilizzanti dell’umore. Anche in questi casi non è solo l’eliminazione del virus la causa del miglioramento: grazie anche all’azione motivazionale espletata dai medici, insorgono fattori psicologici per cui il paziente non si sente più abbandonato a sé stesso. Qualcosa di simile accade per i pazienti che hanno fatto uso di sostanze: il trattamento per l’epatite C, le attenzioni che vengono dedicate loro, li motiva a un cambio di vita, a rientrare nella società e nel mondo del lavoro.”
Quali sono le conseguenze dell’epatite C non curata?
“Il fatto che l’infezione da HCV rimanga silente anche per molto tempo non vuol dire che sia innocua. Nelle persone con anche problemi dismetabolici, come diabete e dislipidemie, o cardiovascolari, l’epatite C non curata può portare a una progressione più rapida e severa verso la cirrosi e il tumore del fegato.
Qualora si sviluppassero neoplasie, l’epatite C non curata può determinare l’impossibilità di completare i trattamenti chemioterapici.
E ancora, in caso di vasculiti e problematiche immunologiche legate all’infezione da HCV, la malattia non curata per lungo tempo aumenta il rischio di sviluppo di un linfoma e allo stesso tempo limita le possibilità di trattamento della neoplasia.”
Quali progetti avete attivato a livello locale per promuovere lo screening per l’epatite C?
“La mia unità ha partecipato a un progetto di screening in diversi SERD. Un lavoro impegnativo, che ha richiesto uno sforzo considerevole sia da parte degli specialisti che dei medici del SERD, ma che alla fine ci ha dato soddisfazione: quasi tutte le persone coinvolte nello screening e risultate positive hanno completato i trattamenti per l’eradicazione del virus senza particolari problemi di aderenza.
Nel mio istituto, inoltre, abbiamo valutato nel corso di 12 mesi oltre 12mila pazienti over 50 ricoverati presso la struttura. Abbiamo valutato la prevalenza dell’infezione, raccolto i fattori associabili alla presenza di HCV e registrato se i pazienti ne fossero o meno a conoscenza. Tra i pazienti con infezione attiva individuati, ben il 40% era inconsapevole – una percentuale molto alta. Il 60%, invece, ne era a conoscenza ma non era mai intervenuto per curare l’infezione, o per dimenticanza o forti del fatto che la malattia fosse silente, senza sintomi e quindi a loro avviso “innocua”. Se queste motivazioni erano comprensibili un tempo e lo sono ancora per i cosiddetti ‘grandi anziani’ non lo sono invece per chi ha oggi tra i 50 e i 75 anni”.
Epatite C e over 50, il take home message
“Consiglio a tutte le persone dai 50 anni in su di andare dal proprio medico curante e richiedere il test per l’epatite C, così come normalmente si fa per lo screening del cancro al colon o altri esami che vengono effettuati di prassi per fascia di età, perché potrebbero essere a rischio.
Per il cancro del colon noi sappiamo che dopo i 50 anni le persone devono fare un test del sangue occulto nelle feci. Perché dunque non fare l’anti-HCV al soggetto con più di 50-55 anni che va dal medico di medicina generale per il check-up annuale?
Inoltre, la natura asintomatica dell’epatite C rappresenta un problema essenziale perché porta a sottovalutarne le conseguenze e a rimandare l’accesso alle cure, quando invece sarebbe fondamentale richiamare l’attenzione delle persone sui rischi che l’infezione comporta, soprattutto quelle con problematiche concomitanti che potrebbero accelerarne e aggravarne l’evoluzione, come per esempio l’obesità. Queste persone dovrebbero essere invitate ad effettuare il test e in caso di positività ad intraprendere un percorso terapeutico”.
Codice materiale IT-UNB-0198
“Materiale di carattere informativo non riferibile a contenuti di prodotto e non finalizzato alla promozione del farmaco”
1 Kondili LA, Andreoni M, Alberti A., et al. Estimated prevalence of undiagnosed hepatitis C virus infected individuals in Italy: a mathematic model to accurately measure HCV prevalence with a route of transmission granularity. Hepatology. 2019; 70 (S1) AASLD abstract (poster) N.0520 Friday 8 November 2020: p328A.
2 SEIEVA, ISS – aggiornamento 31 dicembre 2020